2 MESI ad Abu Dhabi- Per quelli che mi chiedevano cosa ci facessi qui.

16.12.13

Domani fanno 2 mesi che vivo ad Abu Dhabi. 

Due mesi da quando io e il Finn abbiamo raccolto la sfida.
La sfida verso una vita con più stimoli, con qualche riconoscimento, con più possibilità.
Possibilità che in Italia mancavano, i sogni dalle ali spezzate e la triste sensazione di un destino senza nessun artefice. 

Lottare ogni giorno per qualcosa di non gratificante prima o poi ti sfianca.

Quando la mattina ti svegli e il primo pensiero demotivante è:
-"Ok, mettiamoci l'elmetto e affrontiamo questa giornataccia" 
SAI che qualcosa non va e che devi rivoluzionare la tua vita.

Ultimamente le mie giornate a lavoro erano una lotta. Era tutta questione di resistenza. Erano ore sprecate.  Senza riconoscimenti, senza grandi guadagni e senza crescita professionale (sarebbe bello aprire una parentesi sul significato del termine lavoro).

E sapete quanto ho resistito- chi è passato di qui sa che ero molto combattuta. Perchè uno non lascia un lavoro per il nulla, con questa crisi. Frasi retoriche che mi frullavano per la mente a ripetizione, mi sembrava come sputare in faccia alle opportunità che avevo avuto. Mi lamentavo, chiedevo pareri, cambiavo idea, mi decidevo. Non ero più io: ero agitata, deprimente e inconcludente. 

Il Finn mi diceva che noi valiamo di più e che non è giusto accontentarsi. C'è solo questa vita.

Ma il vuoto voi lo avreste scelto? Per me era quasi inconcepibile, con l'educazione che ho alle spalle. Poi questa opportunità. 
E io lì, con una minima speranza, ho mollato tutto. E lo rifarei 1000 volte.
E mi chiedo, ogni giorno, perchè non ne sia uscita prima. Cosa mi teneva aggrappata?

Alla fine ce l'ho fatta. 

Ad un certo punto uno la sfida la raccoglie, anche in quattro e quattr'otto, anche buttata lì a mò di provocazione. Anche per un Paese che nemmeno ti immagini.

E allora siamo qua. 
Siamo arrivati il 17 Ottobre. E no, non c'eravamo mai stati. Nemmeno in vacanza, nemmeno in perlustrazione. Siamo partiti sapendo di lasciare ben poco alle spalle- lavorativamente parlando.

Siamo io e il Finn e finora tutto procede nel verso giusto.
Ci svegliamo senza nessuna angoscia.
Ci addormentiamo sorridendo, dopo le nostre ORE su skype.
Abbiamo un sistema ben fatto che ci gira intorno e risponde a tutti i nostri bisogni, prima di chiedere. Siamo tutelati e coccolati.
Siamo circondati da gente interessante che viene da ogni sperduto angolo di mondo, e ovviamente Italiani a gogò. Abbiamo anche la pasta De Cecco, per chi si stesse preoccupando.




Abbiamo gli stimoli, abbiamo il guadagno, abbiamo la crescita professionale e personale.
Abbiamo riconoscimenti e considerazione. Sappiamo che se tutto andrà bene sarà per i nostri meriti e che nessuno potrà spezzarci le ali se non saremo noi a farlo.

Tutto questo non ce lo saremmo mai immaginati l'anno scorso.

Quel peso che noi giovani italiani ci portiamo sulle spalle -del lavoro che non c'è, del raccomandato prima di te, del concorso ad hoc, delle tue capacità che contano zero, il pessimismo cosmico- qui non c'è più, svanisce. 
E pensare che io quel peso non sapevo nemmeno di avercelo: un pomeriggio ero per strada e tra un pensiero e l'altro mi sono sentita improvvisamente leggera ed ho realizzato. Un lampo.

Perciò se il vostro subconscio vi dice di fare quella scelta non scartatela subito, pensateci su.
Se vi propongono qualcosa che è lontano dalla vostra vita attuale, non crediate che sia per forza brutto. Sarà diverso ed emozionante magari. Vi aprirà la mente.
Mettetevi in gioco.


Non abbiate paura. Abbiamo così poco tempo.
Serena

 

 

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